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Nel mondo dei mutui a tasso variabile esistono clausole che possono modificare in modo significativo l’andamento del debito nel corso degli anni. Tra queste, due in particolare ricorrono spesso nei contratti: la “clausola Floor” e quella che prevede un “Cap”.
Entrambe riguardano l’oscillazione dei tassi d’interesse, ma operano in maniera diametralmente opposta e hanno implicazioni molto diverse per chi richiede o sta pagando le rate di un mutuo.
Quali sono le differenze?
Il Cap (o “limite massimo”)
• rappresenta un limite massimo al tasso variabile, un tetto oltre il quale il tasso del mutuo non può salire, anche nel caso in cui gli indici di riferimento – come l’Euribor a cui si somma lo “spread” tasso aggiuntivo fisso applicato dalla banca – dovessero aumentare a livelli inaspettatamente alti;
• è una protezione per il mutuatario, perché permette di conoscere in anticipo il peggior scenario possibile e mette al riparo da impennate improvvise della rata;
• dal punto di vista del cliente, la clausola Cap è vantaggiosa, poiché introduce un elemento di certezza in un prodotto che per sua natura è caratterizzato da variabilità.
La Clausola Floor (o “tasso minimo”)
• al contrario, stabilisce una soglia minima al di sotto della quale il tasso di interesse non può scendere, anche qualora il parametro di indicizzazione dovesse raggiungere un valore inferiore a tale soglia
• la sua funzione è quella di garantire all'istituto di credito una remunerazione minima per l’operazione di finanziamento, proteggendolo da un'eccessiva discesa dei tassi di mercato.
• anche se i tassi di mercato dovessero scendere molto – anche sotto zero come avvenuto tra il 2015 e il 2022 – il mutuo non potrà mai andare sotto la soglia fissata nel contratto.
• si tratta quindi di una protezione per la banca, che si cautela dal rischio di una riduzione eccessiva dei tassi, e impedisce al cliente di beneficiare in pieno dei ribassi.
È sempre lecita la clausola Floor?
No. Potrebbe essere vessatoria e, in quanto tale inefficace.
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Nella giurisprudenza sono numerose le decisioni a favore dei consumatori. In particolare, la Corte d’Appello di Milano con due sentenze (App. Milano n. 2836 del 06/07/2022 e n. 558 del 17/02/2023) ha affermato la vessatorietà e la conseguente nullità di Clausole Floor, adottate da Banco BPM e Deutsche Bank, in quanto la clausola “non integra una prestazione essenziale e caratterizzante del contratto (ben potendo le parti stipulare validamente il negozio senza la previsione di tale clausola” e si connota per l’operatività di “uno squilibrio giuridico e normativo, consentendo ad una sola parte (la Banca) di trarre pieno beneficio delle variazioni a sé favorevoli dell’indice e di limitare il pregiudizio derivante dalle variazioni a sé sfavorevoli”.
Anche l’Arbitro Bancario Finanziario si è pronunciato sulla clausola Floor. Con la decisione n. 4137 del 4 aprile 2024 il Collegio di Coordinamento dell’ABF ha stabilito che la clausola Floor — se “formulata in maniera chiara e comprensibile” — non può essere valutata come vessatoria ai sensi del Codice del consumo. In sostanza, secondo questo provvedimento la Floor rappresenta una determinazione dell’oggetto del contratto (il tasso di interesse minimo), quindi legittima.
Tale orientamento si inserisce in quello giurisprudenziale secondo cui la clausola Floor si fonda sull’applicazione dell’art. 34 c. 2° Cod. Cons., secondo cui “la valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell'oggetto del contratto, né all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile”. Si ritiene, infatti, che tale clausola contribuisca a definire l'oggetto del contratto (la misura del tasso di interesse) e l'adeguatezza del corrispettivo (Cass. Civ., Sez. 1, N. 1942 del 28-01-2025).
Di conseguenza, la clausola Floor è sottratta al sindacato di vessatorietà per quanto riguarda il potenziale “significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi” che potrebbe generare a danno del consumatore: l’unico vaglio di legittimità ammesso – secondo questa impostazione – riguarda il rispetto del requisito della chiarezza e comprensibilità.
Una clausola è ritenuta chiara quando esplicita in modo non equivoco il meccanismo di calcolo e il limite minimo del tasso. Ad esempio, una formulazione come “resta comunque inteso che il tasso d'interesse non potrà essere inferiore al 3%”.
Il tasso d'interesse, anche se variabile, deve essere desumibile dal contratto senza margini di incertezza o discrezionalità per la banca (Cass. Civ., Sez. 2, N. 36026 del 27-12-2023).
Un’altra argomentazione frequentemente sollevata a sostegno della presunta vessatorietà della clausola Floor è l’assenza di una clausola speculare a favore del mutuatario, la cosiddetta clausola "cap" (o "tasso massimo"), che ponga un limite all'aumento del tasso di interesse.
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