Bruxelles vuole il TTIP entro il 18 marzo

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Il tempo stringe e sul commercio l’Italia resta su posizioni pericolosamente vicine a Trump. Ecco perché il 21 febbraio scorso siamo scesi in piazza a Roma insieme a Fridays For Future Roma e tante organizzazioni ambientaliste e della società civile: da Greenpeace a Terra!, da Slow Food a Climate Save, fino ad Associazione Rurale Italiana, Forum dell’Acqua ed Extinction Rebellion. Mobilitazioni ci sono state anche a Pisa e Torino da parte dei gruppi locali di Fridays For Future.

Il tutto a poche ore dalle dichiarazioni pesanti del Commissario europeo al Commercio Phil Hogan, che entro il 18 marzo intende preparare un “pacchetto di accordi” che la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen presenterà poi agli Stati Uniti.

Per Stop TTIP Italia si tratta letteralmente di un “pacco-bomba” che contiene “tra le altre cose” l’approvazione più spedita degli OGM, chiesta a gran voce da Washington. Quali sono le “altre cose” cui accenna Hogan? Lo ha indirettamente dettagliato lui stesso quando ha detto che, vista la sospensione dell’aumento tariffario sugli aerei Airbus fino al 18 marzo, “stiamo facendo del nostro meglio per raggiungere un mini-accordo basato sui riferimenti che ci sono stati dati dai presidenti von der Leyen e Trump a Davos”. Il perimetro tracciato dal capo dell’esecutivo comunitario è pericolosamente vago: il patto dovrebbe coprire “il commercio, la tecnologia e l’energia”, rischiando di andare ben oltre il mandato rilasciato dal Consiglio Europeo, che non comprende l’agricoltura. Tuttavia, l’inclusione del settore nelle trattative rappresenta una conditio sine qua non per gli Stati Uniti, che puntano ad aprirsi un canale di esportazioni finora precluso dalle regole a tutela della sicurezza alimentare e dell’ambiente.

Regole che, stando alle recenti dichiarazioni rilasciate dal Segretario all’Agricoltura statunitense Sonny Perdue, rappresentano barriere non tariffarie frutto di un approccio “non scientifico”. Per fare alcuni esempi pratici, i due blocchi stanno discutendo di come abbattere i divieti all’ingresso di carne sterilizzata con acido paracetico o proveniente da animali cresciuti con l’uso di ormoni, le restrizioni ai residui di pesticidi negli alimenti e nei mangimi, le norme di cautela rispetto agli OGM.

Il tutto nel silenzio assordante del governo italiano, tutto affaccendato a dibattere di questioni risibili mentre un accordo tossico che sdogana sfruttamento e nocività viene negoziato tenendo all’oscuro i Parlamenti e i cittadini. L’Italia, anzi, per evitare l’imposizione di nuovi dazi, dopo le recenti aperture della ministra Teresa Bellanova sembra essere la principale alleata di Washington in questo attacco alle regole europee. Per questo movimenti e associazioni (alla protesta erano presenti anche i senatori Saverio De Bonis e Loredana De Petris e la deputata ex 5S Sara Cunial) hanno deciso di manifestare sotto il Ministero dell’Agricoltura in occasione dello «Sciopero del venerdì» dei Fridays For Future.

E adesso? Ci restano poche settimane da qui al 18 marzo, e dobbiamo mobilitarci tutte e tutti, giovani e meno giovani, se vogliamo bloccare il colpo mortale al principio di precauzione: nelle piazze virtuali e reali, questo è il momento di farsi sentire per dire che noi non ci stiamo. Non ci stiamo a vedere un governo diviso su tutto, incapace di levare una voce contro gli interessi offensivi delle grandi imprese che stanno remando contro le politiche ambientali e climatiche, contro l’interesse nazionale e i diritti sociali, contro milioni di piccole aziende che faticano a tenere il mercato interno e sono schiacciate dai loro competitor transnazionali, liberi di agire senza regole, sfruttare il lavoro e gli ecosistemi.

Abbiamo portato decine di migliaia di persone in piazza contro il TTIP e siamo pronti a rifarlo se il nostro paese non è in grado di proteggere i suoi cittadini e i consumatori. Le dichiarazioni contrarie ai trattati commerciali tossici profuse dal governo precedente, i cui eletti occupano ancora gli scranni in Parlamenti, rischiano di essere clamorosamente disattese. Un gesto che politicamente costerà molto caro, perché non accettiamo di vedere svenduta l’Italia agli interessi dei soliti grandi gruppi multinazionali che intossicano la terra e le persone.

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